lunedì 23 aprile 2012

La fontana di Croy i Bitrit

La fontana di Croy i Bitrit si trova a Marri in un posto molto freddo d’inverno e abbastanza fresco d’estate per via di una corrente che parte dalla montagna e attraversa la valle lungo il fiume che scorre nelle immediate vicinanze.

Sarà l’aria fresca della notte, sarà la particolare conformazione dell’area alle pendici di un monte e la gola entro la quale scorre il fiume, che quando la percorri a piedi senti un brivido che ti passa per la schiena,.sarà anche la vicinanza del cimitero un centinaio di metri più a nord e sarà anche la vicinanza a mbari i vashsave che, in linea d’aria si trova a due o trecento metri sempre in direzione soprana. Chissa che sarà.

Sappiamo per certo che Bitri era un nobile albanese che, dopo l’insediamento nel territorio di Marri, siamo un popolo di emigranti, fu ucciso barbaramente da alcuni briganti per impossessarsi dei suoi averi. L’operazione non ebbe successo perché il suo tesoro era stato nascosto molto bene e i briganti non riuscirono a cavare dall'ignobile impresa nemmeno un quattrino.

L’omicidio fu compiuto proprio vicino ad una fonte.

La moglie di Bitro, nei giorni successivi a quelli dell’omicidio fece sistemare meglio l’aria e, dove sgorgava una sorgente di acqua, sistemò tutta l’area prospiciente. Corresse il corso della sorgente, costruì una fontana perché i viandanti, durante le calure estive, potessero ristorarsi all'ombra degli alberi. Con la fresca e salutare acqua per ricordarsi di quell'uomo, buon padre di famiglia, barbaramente ucciso per la cupidigia di alcuni balordi. Ecco quindi la fontana di Bitro

C’è chi asserisce che prima che arrivasse il progresso e cioè l’illuminazione pubblica qualcuno abbia visto presenze inquietanti durante le notti invernali, non ne siamo certi, da parte nostra non appena si verificherà una sospensione della pubblica illuminazione, ci recheremo sul posto, verificheremo e riferiremo.

Godiamoci la vita!

giovedì 19 aprile 2012

Dedicato agli emigranti

Sentiamo l’esigenza di rivolgere un caloroso saluto agli emigranti. Questa nostra terra ha conosciuto varie fasi di emigrazione e anche noi di questa pagina abbiamo una certa esperienza sia diretta che indiretta. Conosciamo molto bene il fenomeno per cui oltre al saluto ci corre l’obbligo di porgere un vivo ringraziamento per quello che hanno fatto e fanno quotidianamente.

Gli emigranti rappresentano la parte più sana di una nazione, sono capaci ad andare per terre sconosciute, dove si parla un’altra lingua e dove per essere accettati bisogna per forza esprimere delle capacità.
Non è possibile esternare negatività e piangersi addosso, dare continuamente responsabilità agli altri, sarebbe necessario che ognuno si renda conto delle proprie capacità e prendersi le relative responsabilità, ma queste cose solo pochi le sanno fare e gli emigrati tutti rientrano in questa categoria.
Negli anni si sono fatti conoscere nel mondo dando prova di grandi professionalità, carica umana che hanno fatto dell’Italia un paese stimato e rispettato.
Se anche la politica si fosse mossa con altrettanta determinazione, diremo che avremo un Paese veramente eccezionale.
Noi siamo fiduciosi che le cose si mettano per il meglio per questo rivolgiamo un accorato appello a tutte le persone capaci a prendersi le dovute responsabilità e dare un forte impulso alle istituzioni.
Facciamo finta di essere emigrati almeno per un giorno solo. Un modo anche risolvere il debito pubblico!

martedì 17 aprile 2012

Il cavallo e il diavolo


Nelle lunghe notti invernali , quando ancora la televisione non c’era,  le famiglie, dopo cena,  si riunivano intorno all’allegro focolare per ristorarsi al caldo che esso sprigionava. La cosa giungeva più  gradita ancora quando fuori ora la pioggia gelida sferzata dal vento altrettanto gelido colpisce i tetti delle case e picchietta contro i vetri delle finestre, ora la bianca coltre che copre ogni cosa!
Spesso si scambiavano le visite tra vicini, si sa che in compagnia il tempo passa più allegramente e così venivano trascorse le ore prima di andare a letto. Spesso il più intellettuale della compagnia, quello che riusciva ad attirare tutta l’attenzione, si metteva a raccontare le storielle e, soprattutto i bambini stavano a sentirle a bocca aperta. Si raccontava di lupi cattivi, di fate, di streghe: in un attimo si ricreava  un clima che incantava e tutti a sentire a bocca aperta.
Sicuramente queste storielle erano frutto della fantasia, ma come diceva un vecchio saggio, il solo fatto che una cosa viene pensata implica che può accadere o che sia potuta accadere.
Qui di seguito vogliamo riferire di una che ci ha colpito in particolar modo è quella che parla di compare Alfio da S.Benedetto Ullano.
Compare Alfio  dopo una giornata passata sotto il sole di agosto, stanco a dire basta, per giunta con un carico di ortaggi sulle spalle, come ogni sera, lasciata la campagna si apprestava a far ritorno a casa, su in paese, dove lo attendevano la  moglie e  i figli. Pregustava già la cena e il meritato riposo dopo una giornata di duro lavoro.
Aveva fatto ancora pochi passi e là dove inizia  una salita più ripida, ecco che gli appare un bel cavallo, col manto completamente nero,  già sellato,  diremo che era pronto per essere cavalcato. Compare Alfio come  lo vide si chiese a chi potesse appartenere quell’animale che ormai era a pochi passi, ma, quando gli fu più vicino capì che non era di nessuno della zona, chissà chi l’ha perso pensò dentro di se e mosse per proseguire il suo camino, ma l’animale lo seguiva a passi ravvicinati  era come se lo volesse invitare a farsi cavalcare, il suo modo mansueto, gli annusava la mano,  l’invito era esplicito e la stanchezza del contadino anche.
Sicchè, compare Alfio, sicuro che non era di nessuno del posto, sistemò la cesta, sulla groppa del cavallo, e senza più indugiare salì in groppa anche lui, sapeva trattare con i cavalli, da giovane, durante la guerra, era stato in cavalleria!
Il cavallo con molta docilità, si fece guidare dal contadino e tutti e due proseguivano per la via di casa. Bisogna sapere che a poche centinaia di metri prima del paese, vi è un crocevia, dove la proprietaria del terreno aveva piantato pure una croce di legno e d’un tratto mentre si proseguiva alla volta del paese, quando Alfiuzzo stava già pensando che se non si faceva vivo nessuno l’avrebbe tenuto per se e già faceva i calcoli di quanta biada gli consumava, ecco che l’animale incominciò ad agitarsi, fino ad impennarsi , a recalcitrare i nitriti poi arrivavano cielo e così il povero contadino si ritrovò a terra e privo di sensi.
Il terribile baccano si sentì fino al paese tanto che la gente corse in massa verso il luogo del terribile incidente dove trovò il contadino ancora per terra e in uno stato confusionale. Nelle vicinanze un  cerchio di fuoco ardeva e del cavallo nessuna traccia. Dopo qualche giorno il contadino  si riebbe dal terribile shoc e giurò che mai più si sarebbe fatto  fregare.
Quella Croce di legno lo salvò e pure il crocevia. Il cavallo altro non era che il diavolo tentatore che era venuto a prelevarlo per portarlo all’inferno.

venerdì 13 aprile 2012

La Leggenda di Spagnanotte


Nelle notti d'inverno da noi a volte manca la luce. Perde d'importanza internet e la televisione e i bambini ascoltano i vecchi che raccontano storie del tempo passato. Fatti di altre epoche tramandati nelle famiglie da generazioni...
Si narra che una persona abbastanza giovane dopo avere trascorso un’allegra serata con gli amici  a Palazzello stava rientrando a S.Benedetto, dove abitava con i genitori. L’ora tarda va attribuita alla buona compagnia, al fatto che c'era la fidanzata e c'era anche il vino.
Si era trovato talmente bene quella notte, che durante il tragitto pensava ancora alla compagnia e alla ragazza, d’un tratto sentì come un lamento, stava passando dalla parti di Pilingrato, si  avvicinò... fece appena in tempo a vedere qualcosa quando fu atterrito dall'orrore. Un essere terrificante cercava di ghermirlo. Lo spavento fu enorme, fece subito il segno della Croce, invocò l’Angelo Custode e scappò senza fermarsi a prendere fiato fino a raggiungere la propria abitazione.

La mattina seguente mentre era nei campi ad aiutare il padre,  gli raccontò il fatto che era successo la notte. Il padre gli spiegò che in quella zona anni prima avevano ucciso un prete, la zona vicino Pilingrato, la notizia si sparse e da allora quel luogo tra i Comuni di S.Benedetto e Lattarico venne chiamato Spagnanotte.

Ancora oggi qualcuno sostiene che, nelle le notti senza luna, durante il mese di marzo, una figura spettrale  attraversa continuamente la strada avanti e indietro per un’ora a partire dalla mezzanotte. Si tratta di una sagoma in abiti  scuri che si confondono con l’oscurità circostante, chi viaggia in macchina e conosce la storia prova un brivido... mentre nessuno va a piedi per spagnanotte a quell'ora.


giovedì 12 aprile 2012

Mbari i vashsave (il pianoro delle ragazze)


Mbari i vahsave è una località situata appena fuori dal paese verso la montagna facilmente raggiungibile partendo dal cimitero del nostro paese.
Una località percorsa da chi andava in  montagna. E in tempi non recenti tutti andavano a piedi in montagna, le donne per raccogliere legna per l’inverno gli uomini a lavorare.
S.Benedetto ha avuto da sempre una vocazione verso la montagna, la  montagna è stata da sempre fonte di sostentamento per le famiglie in autunno a raccogliere funghi, poi le castagne e poi le erbe commestibili, cicorie, asparagi, fragole. La montagna è un grande alleato del popolo sanbenedettese.
La nobiltà andava per divertirsi, per godere i benefici della natura incontaminata a anche per interrompere la quotidianità,   l’intera giornata all’aria aperta.
Accadeva d’estate,  le automobili non c’erano ancora e tutto si svolgeva nelle prossimità del pese.
Una mattina di metà agosto un gruppo di giovani ragazze dell'aristocrazia locale, come sempre, accompagnata dalla servitù, si recò nella predetta località per la gita fuori porta, la servitù, una volta sul posto, accertata l’assenza di pericoli, le lasciava da sole per poi ritornare prima che facesse buio e fare ritorno tutte insieme a casa.
La giornata scorreva regolarmente, scandita dal cinguettio degli uccelli, non c’era alito vento o quanto meno qualunque cosa potesse far pensare a turbamenti atmosferici del resto molto improbabili per il periodo dell’anno in argomento.
Ma la giornata fu ugualmente turbata allorché la servitu, andata sul luogo, dove la la mattina avevano accompagnato e lasciate le ragazze a godere allegramente la giornata, non trovarono nessuna di loro, invano perlustrarono il luogo, non esisteva traccia di passaggi oltre il perimetro, le uniche tracce portavano verso il centro del pianoro. Le ragazze furono inghiottite dalla montagna, sparite nel nulla.

La Leggenda di Pilingrato


Pilingrato è un ruscello che divide il comune di S.Benedetto con il Comune di Lattarico  ad appena un chilometro di distanza dal nostro centro storico, sulla strada provinciale nord verso Fuscaldo.
La sorgente  prima che si facessero i lavori dell’omonimo acquedotto offriva un acqua particolarmente leggera e buona per la salute di chi si avvicinava per dissetarsi. Per i viandanti rappresentava una meta irrinunciabile, quando stanchi per la calura estiva, si avvicinavano ad essa, mettevano fuori la loro merenda e si ristoravano al fresco della fonte, roba d’altri tempi!
Ma ancora oggi è un posto molto suggestivo fresco in mezzo alla fitta vegetazione è una meta frequentata soprattutto da giovani anche se i  fini sono completamente diversi.


Ancora oggi si narra che quel posto sia stato luogo di appuntamento amoroso tra un prete e una donna sposata. In una notte particolarmente buia, il marito tradito, avvertito dell’attività dei due, recatosi sul posto vi sorprese i due amanti, cogliendoli sul fatto.
L’ira, mescolata alla delusione, di fronte al tradimento della consorte armò la mano dell’uomo che si avventò contro i due uccidendone il prete il quale in fin di vita, capì l’enormità del gesto, chiese perdono e rivolgendo la testa al cielo, prima di  morire pronunciò la frase che ancora oggi si tramanda :” per un pelo ingrato” e cioè pilingratu. L’espressione non è in arbresh, sicuramente il prete non era di qua.

venerdì 6 aprile 2012

Misteri e suggestioni del Giovedi santo a San Benedetto Ullano

Le condizioni metereologiche sembravano incerte ma in serata il tempo si è stabilizzato il che ha consentito lo svolgimento di uno degli eventi più sentiti dalla comunità di San Bedetto Ullano: "la processione degli ecce homo". Si tratta di un rituale che si svolge il Giovedi santo, un evento che ha attratto nel tempo l'attenzione di antropologi ed etnologi per la peculiarità e originalità del suo svolgimento.

Con la processione si è ripetuto l’antico rito che coinvolge la totalità di questa piccola ma grande Comunità arberesh.
Constatiamo con compiacimento il fatto che questa tradizione sia stata innestata con successo tra i giovani sviluppando il turn over generazionale che è garanzia di mantenimento del rito.
Chi vive fuori per lavoro ritorna per partecipare a questa struggente funzione religiosa e chi non può essere presente fa sapere di essere profondamente amareggiato per l’assenza.
Le cose belle non possono e non devono sparire. La processione si svolge in vari momenti: apre il corteo la croce dell’Ecce homo portata da un fedele con in testa una casco di spine, seguono le statue degli "acciomari" che raffigurano le fasi salienti della Passione di nostro Signore. Chiude il corteo l’Addolorata vestita di nero.
La processione procede per le principali vie del paese con frequenti pause necessarie per intonare gli inni.
Si tratta de la "Passione" di Alessandro Manzoni, che viene intonata una strofa per volta da soli uomini in testa alla processione con un voce solista e un coro di accompagnamento.
 La processione segue il ritmo dato dagli squilli di tromba, quest'anno eseguiti da Dino, che normalmente si eseguono tra una strofe all'altra dando una cadenza funebre al rito.
Nelle retrovie con la Madonna ci sono le donne con mesti canti. Le statuine procedono nel mezzo portate dai bambini a saldare idealmente gli uomini e con le donne.
L'evento coinvolge l'intera comunità tuttavia ci piace menzionare i pilastri "storici" e quelli del "futuro" di questa manifestazione. I fratelli Moccia Guido e Rolindo, i fratelli Maio: Pascaluzzo e Libero con le nuove generazioni Massimiliano. Ismaele, Carlo , Pino e Gaetano Martino, Nuccio De Angelis,  Ettore Cribari, Franco Sabato, Santoro Giancarlo, Biagio Iulianello, Fabrizio Manes.
Il rito è stato officiato nelle sue liturgie dall'Archimandrita Donato Oliverio e da padre Giorgio.
Grazie e buona Pasqua di resurrezione a tutti.

giovedì 5 aprile 2012

Lapo Elkann testimonial di se stesso

Lapo Elkann è un personaggio discusso, complesso. Se fosse nato a Los Angeles adesso farebbe la guest-star in qualche sit-com con Charlie Sheen e si presenterebbe a casa dell’attore in compagnia di un trans o con un tortino alla marijuana. Ma siamo in Italia, e andare a scuola di diplomazia da Kissinger, serve solo per attirare antipatie e critiche pesanti.

Dotato di uno stile unico, visionario e dinamico, Lapo, eccede spesso per il suo anticonformismo da college e per le sue bravate alla Bruce Wayne in salsa piemontese.

Diciamo questo perché il giovane rampollo ha coniato un nuovo trend, il military chic. Tatuato e fisicato, lo si vede spesso a bordo di auto color-camouflage, con interni mimetici di stanza cambogiana. Non sappiamo che tipo di flash si fa Lapo Elkann, di sicuro è un vero eccentrico con un gusto per le griffe, tanto da arrivare a personalizzare i suoi capi e i suoi gadget con la targhetta "L.E", più autentico e originale di così, nell’era in cui nulla più lo è, sarebbe anche difficile.

 Del resto Lapo è uno cresciuto nell'ambiente della comunicazione strategica per la Ferrari, mica un ambiente anonimo.

Il nonno, poi, era un altro personaggio: guardava un solo tempo della Juventus, girava a bordo di una Panda, e oltre a portare l’orologio sul polsino, aveva contribuito a creare una delle più clamorose leggende metropolitane del Bel Paese. Si raccontava che avesse le narici “rifatte” in oro, a causa della sua dipendenza dalla polverina.
Ma Lapo, no, è più low-profile, gli piace la compagnia dei transessuali e sfoggia uno stile da militare americano che forse manco Mel Gibson in "We Were Soldier" possedeva.
C’è da avere pazienza però, con una famiglia di quel tipo mica poteva venir su un boy-scout, e Lapo prima o poi troverà il suo look e la sua strada. Ne siamo certi. Viva!


“Il principio regolatore della gentrificazione non è rivalutare ciò che è sommerso, ma annullare ciò che è diverso”